La piazzetta rinascimentale dietro casa, il borgo medievale arroccato sulla collina, tracciati e lunghe vie immerse nella natura, percorse nei millenni da pastori, briganti, viandanti e pellegrini: l’Italia riscopre il piacere del turismo di prossimità, meglio poi se raggiungibile a piedi, per ammirare (e assaporare) con la giusta lentezza le bellezze paesaggistiche della nostra penisola. Da nord a sud, isole comprese, si riaccende la passione di riconnettersi con ampi spazi aperti. Ognuno con il proprio passo e velocità.
C’è chi preferisce il trekking, chi il nordic walking, chi invece si mette in marcia, tappa dopo tappa, lungo i celebri cammini che attraversano il Bel Paese, accorciando o allungando le distanze, a seconda del tempo a disposizione. In pole position, tra le più gettonate, la lunga Via Francigena, antico itinerario che collegava Canterbury a Roma con oltre 2000 km di strade secondarie e sentieri di montagna, dove lasciarsi incantare da stradine punteggiate di cipressi, silenziose vie campestri abbracciate da maestosi pini, arterie lastricate e usurate da secoli di passaggio. Un paesaggio che si snoda lento, concedendo tempo e spazio al pensiero e, soprattutto, alle emozioni. Una su tutte, il piacere di orientarsi ascoltando i propri sensi, scandendo le giornate godendosi il percorso e non solo la destinazione d’arrivo.
La piacevole sensazione di leggerezza (qui si carica nello zaino solo l’essenziale) che accompagna i viaggiatori lungo tutto il percorso, si trasforma di chilometro in chilometro, in consapevolezza. L’imparagonabile piacere di prendersi cura di se stessi, senza prestare attenzione alle urgenze dettate dalle lancette. Il gusto di raggiungere borghi-gioiello, fiore all’occhiello dello Slow Tourism tricolore e del turismo di prossimità, richiede tempo, quello di condividere esperienze e sensazioni con chi incrocia il nostro cammino.
Paesi ancora poco conosciuti che aspettano senza fretta di essere esplorati, come Aliano in Basilicata dove Carlo Levi ambientò il suo romanzo “Cristo si è fermato ad Eboli” o Civita di Bagnoregio, anche nota come “la città che muore”, arrampicata nel viterbese su uno sperone di tufo destinato a sgretolarsi.
A ognuno il suo viaggio, dunque, da assaporare con gusto e con la giusta lentezza. Per godersi fino all’ultimo passo.