Gli itinerari di streetfood più belli al mondo

By Redazione

Dolci o speziatissime, dalle umili origini contadine oppure dai regali retaggi culturali, il mondo è punteggiato di golose specialità che custodiscono storie e sapori. Intingoli, manicaretti, torte e biscotti, oppure pietanze dalla lenta, lentissima, preparazione che affondano le radici nella notte dei tempi, dando vita a ricette tramandate di generazione in generazione come tesori preziosissimi. Storie che riemergono e si intuiscono a ogni singolo boccone, senza accomodarsi nei più celebri ristoranti di fine dining, ma spiluccando per strada, passeggiando all’ombra di grandi viali alberati o di stretti vicoli acciottolati, dove aromi di insospettabili chioschetti e bancarelle pervadono l’aria rivelando anima e vissuto del luogo in cui si trovano ma anche influenze ed incontri con altre culture lontane. 

Dalle “arepas” colombiane, soffici focaccine preparate oggi come ieri rigorosamente a mano, e servite per strada a New York City, alla pantagruelica deep-dish pizza, maxi lievitato dal pedigree italiano ma dal ripieno multipiano che ricorda gli svettanti grattacieli di Chicago, dove viene servito “on the go”. Lo sottolinea anche la cucina Nikkei, nata dalla combinazione della cultura gastronomica peruviana e di quella nipponica, sbarcata in Sud America alla fine dell’Ottocento, quando i primi flussi migratori giapponesi raggiunsero le coste del Perù.Oggi basta passeggiare per le nostalgiche strade del quartiere di Miraflores a Lima, la capitale del Perù, per scoprire un microcosmo di aneddoti, sapori, saperi e ingredienti che affiorano a ogni portata da gustare, perché no, al pari di un gelato, mentre si ammirano le attrazioni a cielo aperto della città: dal celebre Ceviche, delizioso pesce crudo marinato con leche de tigre, al Tiradito ovvero pesce crudo tagliato sottilissimo e condito con sale, frutta e limone. 

Spesso basta un solo quartiere per esplorare tutto il mondo, nel giro di pochi metri, e assaporare con calma specialità provenienti da continenti diversi. Ai vertici delle classifiche dello street food, per varietà e qualità della scelta, spicca a più riprese il Queens, uno dei cinque distretti della Grande Mela, dove si parlano più di 300 lingue, come ricorda il cartello nella zona di Jackson Heights,“l’intero mondo in un quartiere” posizionato tra i tanti vivaci furgoncini che creano un caleidoscopio di aromi, sensazioni olfattive e colori. Come i ravioli himalayani “momo” di Mom's Momo o le famose “arepas” colombiane di Arepa Lady. 

Epiche avventure che hanno attraversato secoli, case, villaggi come le mitologiche saghe che hanno immortalato la Magna Grecia, hanno ispirato e continuano a ispirare le coste del Mediterraneo. Così, senza attraversare l’Oceano, da Salonicco sul Golfo Termaico nel Mar Egeo ad Atene, sapori autoctoni incontrano aromi lontani, provenienti dalla Cappadocia, dalla Persia, dal Nord Africa. Stratificazioni di spezie e ingredienti da assaggiare per strada tra reperti millenari e piccole taverne. Come la classica “pita”, il pane piatto farcito con gyros: una sorta di spiedino tagliato sottile e arricchito da abbondante tzatziki, la salsa nazionale a base di yogurt, aglio, cetriolo e poi abbondanti patatine fritte. Guilty pleasure da alternare  alla “spanakopita”, torta salata con pasta fillo sottilissima che racchiude un cuore morbido di ricotta e spinaci. Tra le umili dolcezze dalla storia antichissima svettano poi la “bougatsa”, golosa pasta sfoglia con crema pasticcera, e l’halva, una specie di torrone friabile a base di sesamo e declinato in molteplici gusti, da tagliare a fette e degustare osservando l’Acropoli e poi il romantico Monte Licabetto.

Ma quel variegato macrocosmo che prende il nome di “street food” si evolve in continuazione, adattandosi a ritmi ed esigenze della nostra quotidianità. Così antiche, antichissime ricette ci allietano veloci pause-pranzo, merende e colazioni che spesso, senza neanche saperlo, condividiamo da secoli con personaggi storici e celebrità. Dal Cuoppo napoletano, un tempo umile cono di carta servito ai più poveri a cui era concesso di pagarlo anche a rate, oggi degustato con passeggiate panoramiche sul lungomare da vip, celebrities e socialites sbarcati da Oltreoceano, al sabaudo tramezzino così battezzato dal “Vate” Gabriele D’Annunzio in trasferta a Torino, fino alla romana “rosetta” che diventa gourmet all’ombra del Cupolone. Così anche quando “mangiamo solo un panino o “un boccone al volo”, attraversiamo in realtà “a morsi” secoli e secoli di storia.