Il Metaverso è un universo parallelo digitale che non corre accanto alla nostra realtà ma si inserisce in essa, includendo informazioni appena fuori dalla portata dei nostri corpi fisici. Tali informazioni possono essere consultate ed essere oggetto di interazione utilizzando diverse tecnologie.
Ma procediamo per gradi. Basti pensare all’avvento dei social media: in quegli anni mai avremmo potuto pensare agli sviluppi di quella tecnologia che era nata per mettere in contatto persone e aiutarle a costruire un mondo migliore.
Quando questa tecnologia è diventata abbastanza avanzata e diffusa ha dato una forma al mondo, come scrive Leandro Agrò. Gli algoritmi si basano sulla personalità degli individui che li utilizzano. Per queste persone l’algoritmo costruisce una sorta di “mondo” che cattura l’attenzione e fa dedicare il loro tempo ad esso. Una realtà virtuale insomma, una echo-chamber che quasi sembra vera agli occhi di chi è all’interno.
Se ampliamo questo concetto si può arrivare a immaginare una realtà virtuale in cui siamo completamente immersi, oppure una tecnologia che si frappone tra il mondo reale e quello che vedono i nostri occhi, la cosiddetta realtà aumentata.
In quest’ultimo caso non sarebbe più necessario entrare e uscire meccanicamente da quel mondo virtuale (ad esempio con visori che ci fanno vedere un universo alternativo) ma useremmo tecnologie come gli AR glasses che ci permetterebbero di rimanere nel nostro mondo sempre, dal risveglio la mattina fino al momento di coricarsi.
Potremo percepire ciò che il nostro corpo non raggiunge con i propri sensi, vedere elementi invisibili a occhio nudo, compiere azioni fino a quel momento impossibili. Il limite sarebbe solo l’immaginazione in una realtà artefatta, ma pur sempre realtà in quanto la percepiamo come vera.