Siamo in America e ciò che vediamo sin dal primo capitolo è una situazione post apocalittica: la Terra è malata, è nel caos più totale in seguito ad un evento che ha avuto origine nel 2064, nei giorni nostri potremmo dire. È difficile parlare di Horizon senza far spoiler, per questo motivo dedicherò questo articolo a un tema cui sono molto legata: il rapporto uomo - natura, tecnologia e ambiente.
Gli uomini del XXXI secolo sono regrediti e sembrano aver dimenticato tutto il sapere, la conoscenza e le conquiste scientifiche, tecnologiche e sociali. Sono suddivisi in tribù, ognuna con le sue caratteristiche e principi: i Nora, i Banuk e gli Utaru sono quelli più a contatto con la natura. Alcuni usano la terra per coltivare, assicurando continua fertilità e vita alle generazioni future, c’è chi vive di caccia, vestendosi con pelli animali o parti di Macchine.
Sono proprio le Macchine a essere protagoniste di questi due titoli, creazioni dell’uomo, dei Predecessori (ossia noi) per la guerra, per ottenere un vantaggio sul campo. L’evoluzione tecnologica profuma di benessere e prosperità, ma vive sempre con la sua controparte: lo sfruttamento ambientale e l’utilizzo improprio a discapito dell’uomo stesso.
In Horizon ci sono macchine distruttrici e macchine che aiutano l’uomo (come nel caso dei Plowhorn che seminano la terra degli Utaru).
La linea è sottile e proprio Aloy, nostra protagonista femminile, comprenderà sempre più tutte le sfumature presenti nell’animo umano, tutte le scelte compiute da uomini, piccoli o grandi che siano, l’accettazione di due realtà (il passato e il presente) non così differenti in fondo.